CONSAPEVOLEZA E RELAZIONE DI COPPIA:
DUE CUORI E DUE CAPANNE?
di BEATRICE LORETI E ROBERTO MASIANI
(articolo pubblicato su SATI – Rivista dell’Associazione per la Meditazione di Consapevolezza A.Me.Co. – n.2 maggio-agosto 2014, www.associazioneameco.it)
La posta in gioco
La posta in gioco è più alta di quanto sembri. Non si tratta di romanticismo effimero per intramontabili Peter Pan o di inseguire l’utopia di vivere per sempre felici e contenti. La capacità di vivere nella relazione in modo sano, nel corso degli anni, è ben altro, costituisce un fondamento per una pace e un benessere autentici. Quanti di noi hanno bisogno di vivere con almeno un’altra persona, per stare bene? Abbiamo bisogno di appartenenza, di intimità, di famiglia, di comunità. Tutti sperimentiamo nella nostra vita quanta frustrazione, quanto dolore e quanta rabbia possano venire da relazioni non salutari, o dalla mancanza di relazione.
Quando nasciamo l’essenzialità della relazione è evidente: da piccoli non possiamo sopravvivere senza essere accuditi. Dalla seconda metà del secolo scorso anche la scienza occidentale ha iniziato a riconoscere che l’accudimento necessario non è solo materiale (cibo, calore, pulizia), ma anche affettivoi. Da adulti possiamo sentirci autosufficienti, tuttavia ben pochi, anche tra quelli che lo sostengono, vivrebbero bene da soli su un’isola deserta. La maggior parte di noi ha bisogno di integrarsi positivamente con altri ed ha una relazione di coppia o vorrebbe averla, a prescindere dall’orientamento sessuale. Ma sono tantele difficoltà che spesso ci allontanano dalla pace e dal benessere di una relazione salutare, vissuta con soddisfazione. Le difficoltà in sé non sono un grave problema, ma lo diventano quando non sappiamo come capirle e trattarle. Se non siamo sufficientemente informati, le difficoltà logorano, col tempo portano distacco, freddezza, tristezza, rancore, rabbia, e possono sfociare in varie forme di violenza nella relazione disfunzionale.
Per combattere la violenza tra le mura domestiche, giustamente si toglie il velo di ipocrisia, si denuncia e si condanna con più fermezza sul piano culturale e giudiziario. Ma è ingenuo pensare che sia sufficiente: la violenza fisica è molto spesso la manifestazione esteriore degli effetti della violenza morale che si accumula nelle relazioni. Nelle antiche scritture del Talmud si legge: “una ferita all’amor proprio equivale a spargimento di sangue”ii. Far sentire l’altro inadeguato o in colpa, ad esempio, è una forma di aggressione molto usata, spesso senza neanche renderci pienamente conto della sua potenza distruttiva. Facciamo sentire all’altro che non ci piace e usiamo la leva del suo stesso senso di insicurezza circa il proprio valore. È una violenza tanto più potente perché opera sul piano invisibile e spesso inconsapevole del mondo interiore. Questa violenza si può esprimere con la parola, il silenzio, il disinteresse, o altri comportamenti molto sottiliiii. È necessario promuovere sane competenze relazionali per tagliare le radici della violenza in tutte le sue forme.
Molti riescono ad uscire dalla spirale negativa con l’interruzione, attiva o passiva, della relazione. Ma senza una adeguata elaborazione delle difficoltà, il bisogno essenziale è destinato a restare insoddisfatto. Si può essere nuovamente catturati più volte dalla forza dell’innamoramento fino a quando siamo sopraffatti dalla amarezza e può capitare che ci rassegnamo a vivere da soli nella nostra capanna. Non è detto che vivere da soli sia sempre una scelta sbagliata. Ma la consapevolezza non si accontenta di compromessi dettati dalla mancanza di comprensione o dalla paura. Quando emergono tristezza o depressione è chiaro l’invito ad andare più a fondo. Spesso ci chiedono “Io sono single, come faccio a partecipare?”. E noi rispondiamo “Ottimo, hai un grosso vantaggio”. Chi è single è libero di scegliere con maggiore consapevolezza il suo prossimo partner, quando sarà pronto e l’occasione puntualmente si presenterà per iniziare una nuova relazione. Non è necessario avere una relazione in corso per partecipare alle attività formative. Si tratta di un percorso individuale (anche se si può usare il sostegno di un gruppo). Si approfondisce la conoscenza dei propri meccanismi relazionali e la consapevolezza delle proprie potenzialità relazionali. Si acquisisce la capacità di discernere con più chiarezza sia i bisogni -propri e altrui- sia le modalità per stare bene insieme e crescere, come alleati. Si creano le condizioni per vivere una prossima relazione più funzionale al benessere autentico dei suoi protagonisti.
Siamo convinti che non possiamo salire di un gradino nella scala evolutiva, come singoli e come collettività, senza ricerca e formazione nell’ambito delle competenze relazionali. L’informazione e la formazione devono essere per tutti, non solo per gli addetti ai lavori, perché tutti siamo direttamente interessati e coinvolti. Tutti siamo responsabili per le catene causali positive o negative che attiviamo nella nostra vita relazionale. Abbiamo fondato il laboratorio Due Cuori e Due Capanne? perché siamo convinti che questo tema così importante non debba essere trattato esclusivamente nella prospettiva della praticaspirituale o della psicoterapia. Per tutti noi, uomini e donne, adolescenti e bambini, una parte fondamentale del nostro benessere consiste nel conoscere e sviluppare le nostre migliori capacità relazionali. Due Cuori e Due Capanne? è stato fondato per tutte le persone che sono interessate a conoscere, sperimentare, nonché contribuire a diffondere, anche attraverso la loro personale testimonianza ed esperienza, una cultura di pace ed armonia nella relazione con l’altroiv.
Che tipo di lavoro si svolge nel laboratorio
L’impostazione è quella del counselling incentrato sulle risorse della personav. Non è una psicoterapia. La comunicazione nei laboratori è circolare, mai frontalevi. Nessuno offre interpretazioni o giudizi. Ognuno ha la possibilità di apprendere e sperimentare l’uso di strumenti di osservazione e comprensione che consentono di rafforzare ed esprimere al meglio le risorse personali. Ognuno si assume la responsabilità individuale di utilizzare questi strumenti, se, quando e come vuole, dopo averne verificato l’efficacia. Nei lavori di gruppo, ognuno contribuisce mettendo in gioco, se e quanto vuole, la sua personale esperienza e sensibilità. È utile confrontarsi con gli stimoli che vengono offerti e rimandarne altri. La finalità condivisa è espandere il cuore della relazione. Si trattano dei temi specifici per questo scopo, ne parleremo. Ma prima sono importanti alcune premesse.
Molti libri o esperti offrono buoni consigli sulla relazione ideale, ma il più delle volte non fanno che aumentare il senso di frustrazione e di inadeguatezza. Già nel 1930 Jung osservava “Nulla è più vano che discutere come le cose dovrebbero essere…quasi tutti lo sanno, ma chi mostra il cammino per arrivarci?”vii. Chi pratica la consapevolezza sa che occorre osservare senza giudicare. Il primo passo è vedere come sono e capire perché mi comporto così. Il cammino è capire e quindi esplorare il mio mondo interiore con i suoi schemi abituali, per poi rielaborare il materiale che emerge, fatto di ricordi, desideri, emozioni, sensazioni, pensieri, strategieviii. Ognuno deve trovare il suo percorso e il suo modo di procedere. La verità è una terra senza sentieriix. Ma è fondamentale conoscere tutti gli strumenti che si possono usare e confrontarsi con i compagni di avventura. Non di rado capita di espugnare castelli abitati da draghi con molte teste minacciose che sputano fuoco. “La più bella verità non giova a nulla se non è divenuta esperienza interiore e personalissima del singolo. Ogni risposta univoca e ‘chiara’, come si suol dire, si arresta sempre alla mente, e solo in rarissimi casi giunge fino al cuore. Non ci occorre ‘sapere’ la verità, ma farne esperienza”x.
La capacità relazionale
La modalità personale di porsi nella relazione con l’altro è quella che noi chiamiamo capacità relazionale. Vista nel suo aspetto interiore questa capacità è il prodotto di un insieme di fattori, per lo più inconsapevoli, ma si può anche definire come l’atteggiamento che la mente-cuore di ciascuno assume verso l’altroxi. Nei nostri laboratori verifichiamo spesso che questo atteggiamento ha delle caratteristiche univoche, indipendenti dalle circostanze esterne, che si tratti della relazione di coppia, con i propri genitori, con gli amici o con sé stesso. È come il motore che rimane sempre quello, sia che l’auto si trovi in salita, in discesa o bloccata nel traffico. Al tempo stesso, la capacità relazionale è viva e si può trasformare continuamente.
Nella pratica di consapevolezza si fa esperienza che le qualità del cuore, come fiducia, comprensione, compassione, apertura, accettazione-perdono e i loro contrari, non cambiano in base agli oggetti con i quali entrano in relazione. Anche se cambiano opportunamente i modi in cui, secondo le circostanze, lasciamo che queste qualità si esprimano, perché scatta il filtro della ragione e del giudizio. Questo può consentirci, ad esempio, di risalire da un comportamento specifico a una caratteristica determinante della nostra attuale capacità relazionale che in altri contesti non traspare.
Il cuore della relazione
Il prodotto dell’incontro di due capacità relazionali, noi lo chiamiamo il cuore della relazione. I figli ne sono una rappresentazione concreta. Più è grande e forte il cuore della relazione, più è in grado di tenere insieme le due capanne. L’innamoramento è un accadimento spontaneo, capita e si subisce, quasi come fosse un incidente, un evento fortuito, un donoxii. Tutti sappiamo che la relazione d’amore è diversa, perché richiede impegno attivo. Per questo nei laboratori ci occupiamo soltanto dell’amore duraturo e pragmatico per un’altra persona, che caratterizza una relazione privilegiata e di convivenza di lungo periodo. Insomma l’amore su cui si basa la struttura cellulare della famiglia, che sia etero od omosessuale. Ma l’innamoramento non è illusione: ci rivela la straordinaria bellezza dell’incontro profondo con l’altro, e anche le esigenze più forti che nell’animo di ciascuno reclamano attenzione. È una miniera di informazionixiii. Anche qui, è essenziale la consapevolezza per osservare e scoprire le parti di noi che si rivelano in questo modo. Prima il dono che ci mette sul cammino e poi l’impegno personale per conoscere e crescere; vi ricorda qualcosa? Così va questa vita. Giustamente Erich Fromm sottolinea che l’amore è un’artexiv e, come tutte le arti, richiede talento e apprendimento. Ma diversamente da tutte le altre arti, non è riservata solo ad alcuni. Tutti abbiamo talento per amare, tutti possiamo imparare ad esprimerci in questa arte al meglio delle nostre possibilità. E aggiungo, dobbiamo farlo! Perché è una via al benessere individuale e sociale.
Espandere il cuore della relazione
Si tratta di far crescere e rafforzare il cuore della relazione. Serve osservare, capire, confrontarsi, sperimentare ed esercitarsi. Ecco perché esistono i laboratori. Non a caso, nelle diverse tradizioni, gli insegnamenti fondati sull’amore sottolineano la necessità di impegnarsi attività salutari (etica, consapevolezza, ritualità, preghiera, meditazione)xv. La pace è ogni passoxvi, si costruisce momento per momento, portando attenzione ad ogni movimento interiore ed esteriore. Tutti sappiamo che “ama il tuo prossimo e ama te stesso” è il progetto della vita. Perché è così lungo e spesso difficile? Mentre la crescita del corpo è spontanea, non lo è altrettanto il passaggio dall’atteggiamento relazionale del bambino a quello dell’adulto. Il bambino ama incondizionatamente i genitori e si aspetta che loro si prendano cura dei suoi bisogni. L’adulto si assume per primo la responsabilità del proprio benessere e nel contempo offre sostegno all’altro. L’altro, che condivide la nostra capanna, è il nostro prossimo più veramente prossimo. È quello che meglio ci conosce, che più ci sta vicino, il più intimo. Se la relazione è di lunga durata e condividiamo la quotidianità, non possiamo evitare il confronto e lo scontro. Allora diventa una grossa chance, rischio e occasione al tempo stesso perché ci pone di fronte alle nostre difficoltà. Ecco il primo beneficio che la relazione porta, per chi lo sa osservare. Svela le difficoltà che incontro nel pormi in relazione salutare con me stesso e l’altro, due facce della stessa medaglia. Amore per l’altro e per me stesso devono scorrere insieme, in armonia. Se c’è ancora poco o tanto da comprendere, la relazione me lo mostra. Quindi, è una straordinaria occasione che la vita ci offre per accrescere il nostro benessere, approfondendo l’intimità con noi stessi e con coloro che amiamo. Attraverso le difficoltà e il dolore ci chiama all’umiltà di riconoscere che qualcosa non va, dobbiamo mettere in discussione le nostre convinzioni. È più avanti chi sa di non sapere. Chi pratica la consapevolezza sa bene che l’ignoranza (avidya) è uno degli ostacoli principali alla piena realizzazione della nostra vera naturaxvii. E non si intende appunto il semplice non sapere, inevitabile, ma il credere a convinzioni distorte senza rendersene conto. Fa paura mettere in dubbio le nostre convinzioni. La prima trappola da evitare.
Pratica di consapevolezza in azione
David Schnarch scrive che nel matrimonio, il processo di lucidatura usa ciascun coniuge come mezzo abrasivo per completare lo sviluppo dell’altroxviii. La sofferenza che il compagno ci fa sperimentare può rendere migliori. E poi, al tempo stesso, il compagno è il nostro migliore alleato, perché condivide il desiderio di stare bene insieme. Possiamo arrivare a porci nei suoi confronti con l’atteggiamento salutare e umile di chi chiede sostegno, consapevole dei propri limiti e delle proprie difficoltà, anziché pretendere. Dalla pretesa, alla richiesta di aiuto, è un grande cambiamento, niente affatto scontato.
Le difficoltà, ovvero la sofferenza, sono il primo passoxix Il secondo passo è comprendere. La realtà, come detto, qui si rivela attraverso l’altro e il modo in cui io mi pongo verso di lui. Attraverso l’inevitabile contrasto tra le diversità, l’altro mi riporta a me, come sono, di cosa ho bisogno, i miei limiti. Il terzo passo è riconoscere la possibilità di vivere la relazione con gioia. Nel buddhismo si dice che tutti abbiamo la capacità del risveglio. Qui possiamo scoprire che tutti abbiamo la capacità di stare bene in relazione, amando noi stessi come l’altro. Infine, naturalmente, il metodo per coltivare e far crescere il cuore della relazione, potenziare la nostra capacità relazionalexx. Qui, come nell’Ottuplice Sentiero, l’etica, la meditazione e la saggezza, sila, sati e paññā, sono le fondamenta, anche se -nel percorso di Due Cuori e Due Capanne?– l’accento è focalizzato sugli aspetti che hanno a che fare con il tema della relazione (cura di sé, cura dell’altro, conoscenza di sé, conoscenza dell’altro, valore di sé, valore dell’altro, reciprocità, benessere). L’Ottuplice Sentiero è una via completa per la trasformazione di ogni aspetto della vita, e funziona benissimo anche per la relazione di coppiaxxi.
Fondamentale è il sostegno degli insegnamenti e della comunità, per il confronto, l’apprendimento e il conforto (il Dharma e il Sangha). Attraverso la sperimentazione profonda di sé e della realtà così come viene vissuta, ognuno può individuare nella catena causale il punto dove si innescano le sue illusorie convinzionixxii e liberarsene, quando prende coscienza di quanto siano non salutari. È continuamente offerta l’occasione di esercitare e verificare l’efficacia dei quattro stati sublimi della mentexxiii. Come osserva Corrado Pensa: “Le relazioni di ogni tipo, quando siano immerse nella pratica, dimostrano di avere grandi potenzialità liberatorie, ossia di diventare potenti veicoli di sollecitudine affettuosa, pace, compassione e non attaccamento” xxiv.
A questo punto è chiaro che mettere a fuoco gli ingredienti che fanno crescere il cuore della relazione, è solo l’inizio della formazione. Poi, si introduce l’uso di strumenti per l’auto-esplorazione e la comprensione di sé. Il metodo ci conduce in un percorso circolare, ogni giro si approfondisce e porta maggiore comprensione del nostro modo personale di stare nella relazione.
Nei nostri laboratori, possiamo iniziare a vedere -nel concreto delle esperienze personali- che non avrebbe senso cercare di sbarazzarci dei comportamenti che non ci fanno stare bene, usando semplicemente la razionalità. È utilissimo invece tenerli nel fuoco della nostra attenzione finché non abbiamo sentito chiaramente tutto ciò che li sostiene. Ognuno di quei comportamenti porta dentro di sé il tesoro di motivazioni importanti, assolutamente da considerare per il nostro benessere.
I laici, che siano al momento single o in una relazione di coppia, se praticano l’arte della consapevolezza sono bene attrezzati e possono agevolmente arricchire il loro percorso, integrandolo con una formazione specifica diretta a valorizzare le loro risorse individuali per trasformare la relazione con l’altro in una straordinaria occasione di crescita.
iNel secolo scorso, è stato acquisito con grande risonanza dalla scienza occidentale quello che tutte le buone madri hanno sempre saputo: non basta al bambino avere da mangiare e un posto caldo, serve anche sentire l’affetto e l’attenzione, il contatto fisico amorevole. Spitz, René Arpàd (1887-1974) psicanalista ungherese studiò la relazione madre-figlio e sviluppò alcune teorie sull’ospedalizzazione. Dimostrò nel 1945 che i bambini lasciati in ospedale non toccati presentavano problemi di sviluppo. Harrolw, Harry (1905-1981) psicologo americano, studiò gli effetti dell’isolamento sociale nelle scimmie. Nel 1959 trovò che i cuccioli di scimmie rhesus spesso preferivano abbracciare una “mamma” di stoffa confortevole che bere il biberon da una mamma di metallo. Nello stesso anno Bowlby pubblicò Cura del bambino e crescita dell’amore materno, dimostrando che quando bambini piccoli sono separati dalle loro madri per un lungo periodo di tempo, provano dolore e depressione, e mettendo le basi della teoria dell’attaccamento, che ha avuto molta influenza nelle ricerche scientifiche sulla relazione degli ultimi due decenni. Vedi Bowlby J (1969), Attachment, in Vol. 1 of Attachment and Loss. Hogarth Press, London. Bowlby J (1973), Separation: Anxiety & Anger, in Vol. 2 of Attachment and Loss. Hogarth Press, London, Bowlby J (1980), Loss: Sadness & Depression, in Vol. 3 of Attachment and Loss. Hogarth Press, London.
iiCitazione da Lucio Della Seta, Debellare il Senso di Colpa, Marsilio Venezia 2005, pag.17.
iiiIdem, pag.18.
ivDallo statuto di Due Cuori e Due Capanne?
vIl Counselling nasce in USA negli anni 60. Si è sviluppato rapidamente ed è molto diffuso anche in GB e nei paesi del Nord Europa. Il Counsellor non interpreta, non giudica e non offre analisi o diagnosi, ma conosce e trasmette strumenti efficaci per rafforzare ed esprimere le migliori risorse di ogni persona con riferimento ad ambiti specifici della vita sociale.
viSull’uso del cerchio, molto sviluppato nella cultura dei nativi americani, vedi Manitonquat, La Via del Cerchio, La Meridiana, Molfetta (BA) 2011; e anche Mettiamoci in Cerchio, Manuale per favorire il dialogo e la democrazia nei gruppi, a cura di Sidney Journo, Enzo Maddaloni, La Meridiana, Molfetta (BA) 2012.
viiC.G. Jung, Il Problema dell’Inconscio nella Psicologia Moderna, Einaudi Torino 1942, prefazione del 1930.
viiiLa rielaborazione è stata ampiamente studiata e sperimentata dai coniugi Robert e Mary Goulding, fondatori della terapia della ridecisione.
ixKrishnamurti, Discorso di scioglimento dell’Ordine della Stella d’Oriente, pronunciato il 3 agosto 1929, a Ommen, in Olanda.
xC.G. Jung, op. cit, ibidem.
xiLe neuroscienze studiano con attenzione crescente i collegamenti tra questa capacità e alcune parti del sistema nervoso centrale, soprattutto l’emisfero destro. Si può anche parlare di mente-cuore, come si usa negli insegnamenti buddhisti, che comprende certamente anche l’inconscio. In tema, molto utile, Daniel J. Siegel Errori da non ripetere Raffaello Cortina 2005.
xiiL’espressione inglese per innamoramento to fall in love, letteralmente è cadere nell’amore.
xiiiSui meccanismi che sottostanno al fenomeno dell’innamoramento, Ivo Papadoupulos, I Meccanismi di Innamoramento, ed. Terre Sommerse, Roma 2013.
xivErich Fromm, L’Arte di Amare, collana I saggi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1986.
xvAnche se può arrivare un momento in cui la disciplina non è più necessaria. I santi, i realizzati, gli illuminati, non hanno più bisogno di disciplina. Semplicemente sono sé stessi, hanno realizzato nella loro mente la condizione di unità, pur nelle differenti forme di manifestazione della realtà storica.
xviLa Pace è Ogni Passo, è’ il titolo di uno dei libri del monaco zen vietnamita Thich Nath Hanh, edito da Ubaldini.
xviiFrancesco Sferra, Riflessioni sulla Natura del Buddha, in Sati, n. 3, 2013, pag.27: Come noto, le impurità più gravi sono tre: ignoranza (avidya), attaccamento (raga) e avversione (dvesa).
xviiiDavid Schnarch, La Passione nel Matrimonio, Sesso e Intimità nelle Relazioni d’Amore, Raffaello Cortina Editori, Milano 2001, pag. 207. Un testo molto formativo.
xixSofferenza, cause della sofferenza, possibilità di eliminare le cause, percorso per eliminare le cause.
xxNei laboratori lo chiamiamo usare i poteri di Keb, riferimento giocoso ai super poteri dei super eroi americani.
xxiCorrado Pensa, Il Silenzio tra Due Onde, Mondadori, Milano, 2008, pagg. 95 e ss..
xxiiEvidente il richiamo all’insegnamento sulla originazione interdipendente: paṭicca samuppāda.
xxiiiMetta, Karuna, Mudita, Upekka.
xxivCorrado Pensa, op. cit, pag. 101.
Molto interessante!
Grazie Annamaria. Tutto quello che ci aiuta a conoscerci meglio è prezioso, la meditazione o mindfullness va esattamente in questa direzione. Per la maggior parte di noi è uno strumento molto utile se unito ad altre forme di ricerca e conoscenza che richiedono il confronto con altre persone.